Ancora una volta, la Suprema Corte di Cassazione si è espressa in ordine al presunto carattere vessatorio delle clausole limitative della responsabilità delle compagnie assicurative inserite all'interno dei contratti: questa volta (Cass. Civ. Sez. III, Ordinanza n. 14280, 8 giugno 2017) l’innesco giudiziario muove da una polizza yacht (corpi di navi) e riguarda la garanzia furto, ma il valore della pronuncia è più ampio e rientra in un orientamento piuttosto costante.
Con la citata ordinanza, la Cassazione ha rigettato il ricorso proposto avverso la sentenza del Tribunale di Pescara n. 1700/2013, con cui il giudice aveva respinto la richiesta dell’assicurato, cui era stata rubata la barca e che s’era visto rifiutare l’indennizzo da parte della compagnia.
Il fatto è del tutto ordinario. L’attore riferiva che aveva ormeggiato il natante in una baia limitrofa al porto, con tutte le chiusure attivate e che l’aveva controllato a vista per tutto il tempo in cui lo stesso si era intrattenuto sull'antistante spiaggia. Ciò malgrado, l’imbarcazione gli era stata sottratta.
Anche la clausola relativa alla copertura in caso di furto era comune, prevedendo che l’assicurazione non opera “quando, in caso di furto totale, l'unità da diporto e/o il battello di servizio si trovino in giacenza, anche temporanea, in acque marine, al di fuori di un porto, senza persone a bordo e senza essere sottoposte a sorveglianza ininterrotta” precisando che “per sorveglianza si intende quella esercitata a vista nelle immediate vicinanze dell'unità da diporto o del battello".
Naturalmente il principio di diritto vale anche nel caso, ben più frequente, di autoveicolo non chiuso o temporaneamente con le chiavi innestate: può succedere, ad esempio, in occasione di un rifornimento, un lavaggio o nel brevissimo lasso di tempo necessario per svolgere una semplice commissione o caricare qualcosa nel bagagliaio.
L’assicurato lamentava che la clausola, mai approvata specificatamente per iscritto, avesse contenuto vessatorio e abusivo in quanto, determinando uno squilibrio irragionevole, escludeva completamente il rischio per il furto, trasformando quest'ultimo in rapina, e che traducendosi in esclusione o delimitazione della responsabilità doveva essere approvata per iscritto.
L'unico motivo di ricorso si fondava su due argomentazioni: la prima in ordine alla mancata specifica approvazione della suddetta clausola, e la seconda circa il carattere vessatorio della stessa.
La Corte ha rigettato il ricorso in quanto "le clausole che subordinano l'operatività della garanzia assicurativa all'adozione, da parte dell'assicurato, di determinate misure di sicurezza o all'osservanza di oneri diversi non realizzano una limitazione di responsabilità dell'assicuratore, ma individuano e delimitano l'oggetto stesso del contratto ed il rischio dell'assicuratore stesso (Corte di Cassazione, 10 febbraio 2015, n. 2469; Corte di Cassazione, 28 ottobre 2014, n. 22806; Corte di Cassazione, 28 aprile 2010, n. 10194), da cui consegue fra l'altro la non necessità della specifica approvazione per iscritto ai sensi dell'art. 1341, comma 2, Cod. Civile".
Con tale pronuncia, i giudici della Cassazione hanno inteso quindi avallare la posizione assunta dal giudice di primo grado, andando così a consolidare un orientamento giurisprudenziale favorevole alle compagnie. Dunque tali clausole sono legittime e non vessatorie, perché delimitano il perimetro del rischio assicurato e non costituiscono invece una limitazione della responsabilità dell'assicuratore (che invece avrebbe dovuto prevedere una specifica approvazione).