Da tempo la spesa pubblica per il Servizio Sanitario Nazionale manifesta problemi di tenuta e di sostenibilità prospettica. La visione universalistica che lo anima è stata formalmente mantenuta, ma le diseguaglianze sostanziali si sono accentuate in termini sia di qualità, sia di tempestività dell'assistenza in senso lato. È un fenomeno in crescita, ormai regolarmente misurato dalla quota dei costi "out of pocket", ossia sostenuti direttamente dai cittadini per ovviare alla mancanza e/o al ritardo della risposta.
In questo contesto si è sviluppata la sanità integrativa, che utilizza strumenti diversi e si muove in un contesto legislativo ancora lacunoso e disorganico. Ciò ha permesso l'affermazione di soluzioni eterogenee, di nuove figure e modelli organizzativi: alle mutue (che operano spesso oltre i limiti di regole arcaiche) si sono affiancati casse (solitamente di categoria) e fondi sanitari; le parti istitutive si sono autodeterminate secondo criteri originali, i gestori dei fondi sperimentano la ritenzione di una parte delle prestazioni offerte da piani sanitari spessio autoredatti, parnership con provider (soggetti esterni che erogano le prestazioni contrattualmente previste) e ricorso al sistema assicurativo per i rischi maggiori, capaci di generare turbini finanziari non controllabili.
Stiamo insomma vivendo anni interessanti, scenari necessariamente fatti di luci e ombre, di prudenze e audacie eccessive.
L'esperienza ci consente di affermare che la consulenza di un broker specialistico è indispensabile sia per gli organi direttivi, sia per i gestori. Non è facile tradurre le aspirazioni del gruppo che ha istituito la cassa o partecipa al fondo in concrete prestazioni, trovare equilibrio fra la loro utilizzabilità e rilevanza immediate e prospettiche, tracciare i confini ragionevoli fra autogestione e outsourcing, cogliere e correggere per tempo gli squilibri, seguire gli sviluppi dell'offerta e i sinistri complessi.