L’obbligo di motivare la reiezione dei sinistri RCA

Con Lettera circolare, inviata a tutte le imprese di assicurazione che esercitano la RCA, il Servizio tutela del consumatore di IVASS è tornato, a fine 2016, sul delicato tema degli obblighi di specifica motivazione che le compagnie devono ossequiare nel rispondere alle richieste risarcitorie degli aventi diritto, soprattutto laddove intendano respingerle opponendo, nei termini di legge, un formale diniego. Tale nuovo intervento intende, all’evidenza, dar continuità, e anzi rafforzare, a un severo orientamento da tempo fatto proprio dall’autorità di vigilanza, attenta a contrastare pratiche dilatorie e, comunque, a imporre alle imprese regole di condotte volte a non ostacolare il buon esito delle procedure liquidative stragiudiziali della RCA.  
Trattasi di argomento ben noto agli operatori del settore e originariamente sviluppatosi attorno alla controversa questione della prova del fatto storico, ritenuta dalla maggior parte degli assicuratori, agli albori della disciplina del Codice delle assicurazioni, come incombente sul danneggiato, in perfetta aderenza agli ordinari criteri civilistici di riparto degli oneri della prova del danno da fatto illecito (ex articolo 2697 del Codice civile). Non era infrequente che in sede stragiudiziale l’assicuratore pretendesse da chiunque invocasse un diritto risarcitorio da RCA la dimostrazione, già in sede stragiudiziale, di tutti gli elementi fondanti la proposizione aquiliana (e quindi: l’esistenza di un danno, la prova del fatto storico di sinistro e la dimostrazione di un nesso causale tra quest’ultimo e il primo).
Senonché, occorreva tener conto, secondo IVASS, della particolarissima natura della procedura stragiudiziale in materia di assicurazione RCA, tutta orientata a una speciale protezione delle ragioni degli aventi diritto (ritenuti, in fondo, pregiudicati da una sostanziale asimmetria di posizione e di forza rispetto all’impresa assicuratrice). E, in questo contesto, straordinariamente votato a facilitare l’accoglimento delle pretese di risarcimento, l’autorità di vigilanza ha sempre sostenuto che nella procedura liquidativa la dinamica istruttoria, ordinariamente presidiata dall’articolo 2697 c.c., dovesse esser sostanzialmente ribaltata, riducendo al minimo gli oneri di allegazione posti a carico dei danneggiati.  
Questi ultimi sarebbero, invero, tenuti soltanto ad assolvere i minimi requisiti contenutistici (e formalistici) stabiliti dal combinato disposto degli articoli 141, 143, 145, 148 e 149 del Codice delle Assicurazioni, senza doversi addossare altri oneri istruttori né dover dimostrare, in quella sede stragiudiziale, l’effettiva verificazione del sinistro. Spetterebbe, dunque, all’assicuratore, il compito di sobbarcarsi tutti gli oneri di verifica della posizione e d’istruzione della pratica, essendo suo onere reperire eventuali elementi ostativi all’accoglimento della domanda risarcitoria, ivi compresa l’eventuale eccezione di inesistenza del sinistro o di mancanza di responsabilità in capo al preteso danneggiante.  
Elementi che poi dovrebbero esser resi palesi all’atto della formalizzazione del diniego di risarcimento, onde consentire al danneggiato di comprendere chiaramente le ragioni del rifiuto (e quindi potersi determinare in modo informato e consapevole circa l’eventuale incardinazione di un giudizio). Tale era, dunque, la posizione già da tempo sostenuta da IVASS, ben affermata in svariati procedimenti sanzionatori (ricorderemo come a tutt’oggi la casistica sanzionatoria prevalente riguardi proprio le procedure liquidative della RCA).
Oggi l’Istituto si spinge più in là. 
Nella comunicazione citata in apertura, IVASS censura determinate condotte tenute dalle imprese in sede di diniego di risarcimento. In particolare, vengono considerate inaccettabili (e quindi sanzionabili) le reiezioni fondate:
  1. sulla generica contestazione dell’insussistenza di un nesso di causalità tra i danni lamentati e l’evento denunciato, ovvero della incompatibilità tra i danni e la dinamica del sinistro (in assenza di specifiche indicazioni tecniche o degli elementi di prova, come perizie, accertamenti tecnici, testimonianze, risultanze delle rilevazioni tramite scatola nera, sui quali si fonda il diniego);   
  2. sulla generica contestazione della responsabilità “senza indicare gli elementi obiettivi e/o gli accertamenti istruttori che hanno portato a tale conclusione”;  
  3. sull’impossibilità di eseguire la perizia sul veicolo per indisponibilità del mezzo “senza comprovare che il perito si sia attivato per eseguire l’accertamento peritale entro i tempi e le modalità previsti dalla legge e che il tentativo sia risultato infruttuoso per comportamento imputabile al danneggiato”.  
Insomma, per negare il risarcimento, l’impresa deve:  
  1. disporre di risultanze istruttorie adeguate a sostenere la propria posizione, in deroga all’articolo 2697 c.c.; 
  2. rendere espresse tali risultanze nell’ambito della specifica illustrazione al richiedente dei “motivi per i quali non ritiene di fare offerta”, così come del resto espressamente previsto dall’articolo 148 del Codice delle Assicurazioni.   
Quando il diniego è fondato su elementi concreti, dice l’Autorità, “la loro chiara ostensione può contribuire al convincimento del danneggiato evitando un inutile contenzioso”. Altrimenti, rischia di tradursi in un espediente dilatorio e, comunque, pregiudizievole per le ragioni (di corretta informativa, anche ex articolo 183 del Codice) del richiedente.  
Di qui la formale richiesta a tutte le imprese attive nel ramo RCA di verificare, anche attraverso le risultanze emergenti dalla analisi dei reclami, “la sussistenza delle descritte criticità nei processi liquidativi e, ove necessario, rivedere i processi” per garantire la comunicazione al danneggiato degli specifici motivi del diniego di risarcimento, facendo sì “che i testi delle comunicazioni indichino dettagliatamente gli elementi di incoerenza fra i fatti denunciati e quelli accertati dall’impresa e citino gli atti o i fatti alla base del rigetto dell’offerta” (il tutto entro il 30 aprile 2017).
Se l’onere istruttorio incombe sulla compagnia, deve concludersi che la cooperazione dell’assicurato (preteso danneggiante/responsabile) è indispensabile al fine di consentire all’impresa di utilmente interloquire con il danneggiato, verificarne le ragioni ed eventualmente confutarle in modo specifico in sede di diniego.
Torna dunque di straordinaria attualità il tema della centralità della denuncia di sinistro alla propria impresa, resa obbligatoria dall’articolo 143 del Codice delle Assicurazioni per tutti i conducenti dei veicoli coinvolti (o, se persone diverse, per i rispettivi proprietari), anche qualora non responsabili ed anche laddove non interessati né a chiedere danni né ad attivare la propria copertura di RCA. 
È appena il caso di notare come l’omissione dell’obbligo di denuncia può condurre alla perdita totale/parziale della garanzia assicurativa (il che equivale a dire, nelle assicurazioni della RC, la perdita del diritto a essere manlevato dalla compagnia, con conseguente applicazione, nel comparto auto, dell’istituto della rivalsa previsto dall’articolo 144 del Codice). 
È dunque ben possibile che, a tutela del mercato, l’Autorità possa in un futuro pretendere, quale bilanciamento del rigore espresso in quest’ultima presa di posizione, una miglior attivazione delle compagnie nei confronti dei propri assicurati, anche facendo leva su quei meccanismi di denunzia/rivalsa che, a quanto risulta in concreto, sembrano oggi totalmente disapplicati.
Se è vero, come è vero, che è possibile ritrovare nell’articolo 148, comma 9 l’ulteriore fondamento normativo dell’impostazione seguita da IVASS nella sua lettera al mercato, è altrettanto vero che tale disposizione alberga soltanto nel corpo della norma dedicata alla procedura ordinaria di liquidazione stragiudiziale del danno da sinistro stradale. Non esistono disposizioni equivalenti nel settore dell’indennizzo diretto. Anzi, a voler ben vedere, i due diversi ambiti operativi (articolo 148 del Codice delle Assicurazioni da un lato, e DPR 254 del 2006, dall’altro) disegnano procedure niente affatto coincidenti. È dunque prevedibile che, sul punto, IVASS tornerà a pronunciarsi, chiarendo se, con quella Lettera al mercato, intendeva riferirsi solo, ai sinistri gestiti in regime ordinario ex articolo 148 del Codice.