Occorre di frequente che le aziende tutelino con specifiche polizze per gli infortuni il personale con mansioni esterne, commerciali o tecniche. La copertura è spesso oggetto di negoziazione integrativa, ma ha una sua radice prudenziale nella variabilità con cui l’Inail ha valutato i casi concreti, comprendendoli o escludendoli dall’operatività dell’assicurazione di legge.
Chiarezza è stata fatta dall’Inail in una circolare emanata dal direttore generale, nella quale l’Istituto ha proceduto a un riordino complessivo della materia, definendo per le sedi territoriali le istruzioni operative per trattare in modo uniforme e omogeneo questa particolare casistica su tutto il territorio nazionale. L’analisi segue la premessa sostanziale secondo cui gli infortuni che si verificano in missione o in trasferta non sono omologabili a quelli in itinere (ovvero, nel tragitto casa-luogo di lavoro, e viceversa). Questa particolare categoria va considerata, infatti, alla stessa stregua di quelli occorsi in occasione di lavoro e, di conseguenza, va indennizzata come tale.
Il documento evidenzia una distinzione sostanziale tra chi, per esempio, è vittima di un incidente mentre si reca dalla propria abitazione all’ufficio e chi subisce lo stesso incidente nel corso del tragitto dall’albergo (o da un’altra dimora temporanea per motivi di lavoro) al luogo in cui viene svolta la prestazione. In breve: per tutta la durata della missione o della trasferta ogni azione compiuta è da considerarsi esclusivamente “in occasione di lavoro” (definizione che si riferisce all’insieme di circostanze e di situazioni in cui le attività o le loro modalità di organizzazione impongono comportamenti specifici che espongono al rischio) e, quindi, deve essere indennizzata come un qualsiasi altro infortunio tutelato.
Secondo l’Avvocatura generale dell’Inail “la missione è caratterizzata, nel suo complesso, da una situazione di cosiddetta costrittività organizzativa tale che tutto ciò che accade nel corso della stessa dovrebbe essere considerato come verificatosi in attualità di lavoro o in occasione di lavoro, proprio in quanto accessorio all’attività lavorativa e alla stessa funzionalmente connesso. Tutto questo dal momento in cui la missione ha inizio fino al momento della sua conclusione. In altri termini, tutto quello che accade durante una missione – dal momento in cui il lavoratore esce dalla casa di abitazione fino a quando vi fa rientro – è necessitato dalla missione stessa. Infatti, l’interessato non ha alcuna libertà di scelta né margini di discrezionalità: dal percorso da effettuare al mezzo di trasporto utilizzato, fino al luogo nel quale pernottare”.
La mancanza di abitudini consolidate, di punti di riferimento o il doversi muovere in ambiti essenzialmente sconosciuti: sono questi gli elementi che distinguono l’agire in trasferta (o in missione) rispetto al quotidiano percorso tra la propria abitazione e l’ufficio/azienda/luogo di lavoro. Tale distinzione qualifica in modo differente anche gli infortuni avvenuti all’interno della propria casa rispetto a quelli verificati nell’albergo (o altra temporanea dimora in trasferta). Nel caso di infortunio verificatosi nella propria abitazione, infatti, l’ambiente è noto e le eventuali condizioni di rischio a cui il lavoratore si espone sono frutto di una scelta autonoma e personale, secondo una discrezionalità nell’altro caso del tutto assente.
Da ciò non discende tuttavia che qualsiasi incidente in missione o in trasferta sia classificabile (e indennizzabile) come incidente in occasione di lavoro. L’evento non può ritenersi indennizzabile nel caso in cui si verifichi nel corso dello svolgimento di un’attività che non ha alcun legame funzionale con la prestazione lavorativa (o con la costrittività organizzativa) o nel caso di rischio elettivo: cioè, quando l’evento sia riconducibile a scelte personali del lavoratore, irragionevoli e prive di alcun collegamento con la prestazione lavorativa, tale da esporlo ad un rischio determinato esclusivamente da queste scelte. L’Avvocatura generale dell’Inail rimarca che “esistono dei rigorosi criteri di ragionevolezza che devono essere comunque rispettati” e prende ad esempio la scelta del luogo di ristorazione. “Un’eccessiva distanza tra il ristorante e la sede della missione comporta un’esposizione al rischio che non è necessaria e che fa venire meno la qualificazione dell’eventuale incidente come ‘occorso in occasione di lavoro'. Cenare in un locale che sta all’altro capo della città rispetto alla sede della missione, infatti, – malgrado la disponibilità di ristoranti vicini – è un’abnormità della scelta che non ha giustificazione con lo svolgimento della mansione professionale. In questi casi, dunque, intervengono criteri di ragionevolezza che dipendono dall’analisi di ogni singola situazione”.