La Cassazione, anche a Sezioni Unite, si è occupata a lungo della clausola, presente nella maggior parte dei contratti di responsabilità civile, denominata “claims made”: è la clausola che prevede che l’assicuratore si faccia carico di eventuali richieste di risarcimento danni solo se la polizza sia in vigore al momento della richiesta stessa. Non occorre invece che l'errore che ha provocato la richiesta di risarcimento sia stato commesso in vigenza di polizza (il limite, come si vedrà più avanti, è quello della retroattività pattuita).
La Suprema Corte ha chiarito che la clausola è legittima e non vessatoria, ma a condizione che la stessa non implichi buchi di copertura; In altre parole la clausola è valida in quanto non lasci temporalmente scoperto l’assicurato.
Questo significa, quindi, che la polizza deve offrire all’assicurato anche una retroattività il più ampia possibile, ovvero deve farsi carico anche di atti compiuti dall’assicurato prima della stipula del contratto, che però diano luogo a danno e, quindi, a richieste di risarcimento, dopo la stipula della polizza.
Il tema è scottante soprattutto per le polizze di RC professionale, per le quali il mercato assicurativo propone clausole spesso restrittive, in particolare proprio con riguardo all’efficacia temporale della copertura.
La Corte, peraltro, ricorda che per la polizza di RC professionale è intervenuta l’obbligatorietà, cioè l’obbligo per i professionisti di dotarsi dell’assicurazione, non solo per una finalità di garantire la tutela patrimoniale dell’assicurato, ma soprattutto per garantire quella del cliente dello stesso.
Ecco, a tale scopo, la necessità di verificare la portata delle garanzie delle polizze proposte, proprio al fine di evitarne buchi di copertura che si ripercuoterebbero a danno dei clienti.
Allora che cosa rende una polizza in claims made una vera garanzia per un professionista e per i propri clienti? Sicuramente, come si è detto, la previsione di una retroattività molto ampia, ma è certamente altrettanto importante la clausola che consente la presa in carico, da parte degli assicuratori, non solo delle richieste di risarcimento, ma anche delle situazioni a rischio suscettibili di dare luogo a una futura richiesta di risarcimento da parte di un terzo.
Questa clausola (denominata “deeming clause”) garantisce, una volta che si sia denunciata la circostanza potenzialmente a rischio, la copertura assicurativa per l’eventuale richiesta di risarcimento che dovesse pervenire all’assicurato successivamente, anche dopo la scadenza della polizza. E ciò anche se nel frattempo l’assicurato avesse deciso di cambiare compagnia.
In conclusione, la sentenza ha avuto il merito di porre l’attenzione su alcuni aspetti essenziali e spesso poco noti delle polizze di RC professionale; è fin troppo evidente che sono aspetti che, per importanza, vanno ben al di là di quelli puramente economici, che invece vengono sovente messi al primo posto nei criteri di valutazione di un contratto assicurativo.
Certamente a questo punto il mercato attende qualche altro passo da parte del legislatore, dato che risulta spesso impossibile, per i professionisti, reperire sul mercato polizze che siano veramente adeguate rispetto alle indicazioni fornite dalla Corte di Cassazione.