E’ stata pubblicata nella G.U. n. 64 del 17 marzo 2017 la Legge n. 24/2017 recante le “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”, la c.d. legge Gelli Bianco.
La riforma introduce una serie di importanti novità che toccano profili amministrativi, penali e civili, con l’obiettivo di ridurre il contenzioso civile e penale avente ad oggetto la responsabilità medica ed al contempo garantire un efficace sistema risarcitorio per il ristoro dei danni sanitari subiti dai pazienti.
La norma è entrata in vigore a partire dal 1 aprile 2017, ma l’effettiva applicabilità di alcune disposizioni è subordinata all’emanazione dei relativi decreti attuativi.
L’articolo 1) della legge afferma che la sicurezza delle cure si realizza anche mediante l'insieme di tutte le attività finalizzate alla prevenzione e alla gestione del rischio connesso all'erogazione di prestazioni sanitarie e l'utilizzo appropriato delle risorse strutturali, tecnologiche e organizzative.
Peraltro, pur avendo messo in atto tutte le misure di prevenzione attuabili, la struttura sanitaria pubblica o privata deve rispondere comunque delle condotte dolose o colpose del personale sanitario e degli ausiliari che operano al suo interno, ancorché non dipendenti della struttura stessa, ai sensi degli artt. 1218 e 1228 del cod. civ. (responsabilità contrattuale). Tale responsabilità si estende anche alle prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria ovvero in regime di convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale.
L’esercente la professione sanitaria all’interno della struttura, anche se scelto dal paziente e ancorché non dipendente della struttura stessa, invece, risponde del proprio operato per la sola responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 cod. civ., salva l’ipotesi in cui abbia agito nell’adempimento di un’obbligazione contrattuale assunta direttamente con il paziente (libera professione intra moenia).
Alla luce di questa impostazione appare chiaro che, al paziente di una struttura sanitaria che ritenesse di aver subito un danno, converrà rivalersi sulla struttura stessa, piuttosto che sull’operatore sanitario personalmente responsabile.
Tanto più che, allo scopo di ridurre il contenzioso giudiziario ordinario, la riforma prevede l’obbligo del danneggiato di esperire, in via preliminare, un tentativo di conciliazione. L’esercizio dell’azione civile del danneggiato per la richiesta di risarcimento del danno derivante da responsabilità sanitaria risulta, pertanto, subordinata ad un ricorso promosso dinanzi al giudice civile competente, ai sensi dell’art. 696 bis c.p.c., per richiedere una “consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite” volta ad accertare, in via conciliativa, il danno derivante da responsabilità contrattuale e da fatto illecito. Preme sottolineare che nella fase conciliativa la struttura pubblica o privata può presentare, tramite l’assicurazione obbligatoria, un’offerta di risarcimento.
Le Strutture che siano state ritenute responsabili potranno pur sempre esercitare la tipica azione di rivalsa nei confronti degli Esercenti la Professione Sanitaria di cui a loro volta venga acclarata la responsabilità per DOLO o COLPA GRAVE. In caso di accoglimento della domanda di risarcimento proposta dal danneggiato nei confronti della struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica, ai sensi dei commi 1 e 2 dell'articolo 7, o dell'esercente la professione sanitaria, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 7, l'azione di responsabilità amministrativa, per dolo o colpa grave, nei confronti dell'esercente la professione sanitaria è esercitata dal pubblico ministero presso la Corte dei Conti.
Novità assai rilevante è quella riportata nell’art. 10 del Provvedimento, che prevede un obbligo della struttura pubblica o privata di sottoscrivere una copertura assicurativa ovvero, in alternativa di dotarsi di un analoga misura (autoassicurazione tramite costituzione di fondo rischi) per rispondere dei danni cagionati dal personale operante a qualunque titolo presso la struttura sanitaria e per le prestazioni svolte dall’esercente la professione sanitaria in regime intramurario o in regime di convenzione con il SSN.
Le strutture sanitarie sarebbero poi obbligate a sottoscrivere una ulteriore polizza assicurativa ovvero a dotarsi di analoga misura anche per la copertura della responsabilità extracontrattuale verso terzi dell’esercente la professione sanitaria nell’ipotesi in cui il danneggiato esperisca azione diretta nei confronti del professionista. Stesso obbligo assicurativo sarebbe previsto a carico dell’esercente la professione sanitaria, operante a qualunque titolo in strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche o private che deve provvedere alla stipula, con oneri a proprio carico, di un’adeguata polizza di assicurazione per colpa grave.
Per l’esercente la professione sanitaria, invece, che svolga la propria attività al di fuori delle strutture sanitarie, ovvero operi all’interno delle stesse in qualità di libero professionista avvalendosi della struttura sanitaria nell’adempimento della propria obbligazione contrattuale assunta con il paziente, risulta confermato l’obbligo di stipulare idonea assicurazione per i rischi derivanti dall’esercizio dell’attività professionale già imposto dall’art. 3 comma 5 lettera e) del D.L. 138/2011 con obbligo a carico del professionista di rendere noti al cliente, al momento dell'assunzione dell'incarico, gli estremi della polizza stipulata per la responsabilità professionale e il relativo massimale.