Un’indagine promossa da ANIA fornisce un quadro abbastanza lusinghiero delle Compagnie di Assicurazioni italiane. La ricerca è stata fatta in collaborazione con Deloitte Risk Advisory, i cui consulenti hanno raccolto e analizzato 105 Solvency and Financial Condition Report (Sfcr) pubblicati per la prima volta da altrettante società e 17 gruppi assicurativi del Paese sui dati del 2016. Un insieme rappresentativo del 99% del mercato in termini di premi, quindi assolutamente attendibile anche per un confronto con il resto d’Europa. Il risultato è stato che le Assicurazioni italiane, per quanto riguarda la solidità patrimoniale, sono ben messe e hanno in media un Solvency ratio del 220%, superiore a quanto mostrano le compagnie inglesi (151%), olandesi (177%) o belghe (176%) e sostanzialmente simile a quelli di Francia (223%) e Spagna (240). Tra i grandi Paesi europei la classifica è guidata dalla Germania, che esibisce un Solvency ratio del 323%, seguito dalla Danimarca (304%). Sotto la lente degli analisti sono passati anche i report su Solvency II dei principali 40 gruppi assicurativi europei e l’esito sul confronto del livello di disclosure raggiunto dalle imprese nostrane è confortante: le Assicurazioni italiane risultano, infatti, trasparenti sui propri rischi, anche se meno pronte a svelare i compensi pagati ai propri manager. La trasparenza offerta dalle compagnie italiane sui profili di rischio, sulle tecniche di sottoscrizione e di gestione dei rischi, sull’organizzazione aziendale e sui sistemi di corporate governance è stata nel complesso migliore di quella delle altre compagnie europee. Si è evidenziata la natura soprattutto finanziaria delle compagnie della penisola, anche per la prevalenza del ramo Vita rispetto al ramo Danni.
Per quanto riguarda, però, le remunerazioni, il confronto europeo risulta invece essere perdente, ma non certo nel senso che i manager assicurativi italiani guadagnino meno dei loro colleghi stranieri. Anzi, come rilevato dall’analisi, gli assicuratori italiani evitano di fornire indicazioni quantitative sulla retribuzione dei propri manager, a differenza di quanto si rileva per molti gruppi assicurativi esteri censiti dallo studio. Un riserbo, peraltro, che non sorprende più di tanto, in quanto appare perfettamente connaturato agli usi e costumi nazionali.