L’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in tema di fiscalità dei capitali percepiti in caso di morte dell’assicurato dai beneficiari di assicurazioni sulla vita. L’occasione era costituita dalla richiesta di delucidazioni su quanto illustrato nella circolare 1° aprile 2016, n. 8/E relativamente alle modifiche introdotte dall’articolo 1 della Legge di Stabilità 2015.
Quanto segue – che riguarda una vastissima platea di piccoli risparmiatori - esemplifica con sufficiente chiarezza:
· l’inesausta ricerca di nuove forme di tassazione;
· l’agile scavalcamento di patti antichi (le agevolazioni fiscali degli investimenti assicurativi mirarono a incentivare la costituzione di un “pilastro” previdenziale aggiuntivo rispetto a quello pubblico, scricchiolante da vari decenni);
· le complessità lessicali e tecniche che perseguitano ogni provvedimento quando si passa dalla legge alla sua attuazione.
L’Associazione di categoria che ha suscitato il parere, osservava in particolare che nel paragrafo 1 della circolare, con riferimento alle polizze vita “miste”, è stato indicato, in linea generale, il valore di riscatto quale riferimento per l’individuazione della parte imponibile della prestazione caso morte, valore determinabile alla data stabilita nelle pattuizioni contrattuali quale termine specifico per l'erogazione della prestazione (o alla data del decesso, qualora non vi sia un termine espressamente previsto dalle condizioni di polizza).
Nel paragrafo 2 della medesima circolare (“Prestazioni ricorrenti caso vita e caso morte”) vengono poi trattate le particolari problematiche applicative concernenti le polizze sulla vita con contenuto finanziario che prevedono l’erogazione di prestazioni ricorrenti (le “cedole”).
In tale paragrafo, proseguiva l’Associazione, la citata circolare n. 8/E fornisce un esempio numerico in cui, nell’esaminare tali casi specifici, indica un criterio di tipo proporzionale per individuare la parte imponibile (rectius componente finanziaria) delle prestazioni fornite da tali polizze assumendo l’ipotesi di un contratto a premio unico iniziale non scindibile nelle due componenti di copertura di rischio (“finanziario” e “demografico”).
L’Associazione chiedeva allora di conoscere se, nel caso di polizze sulla vita con contenuto finanziario che prevedono l’erogazione di prestazioni ricorrenti, trovi applicazione il solo metodo “proporzionale” di determinazione della base imponibile illustrato nel predetto paragrafo 2 della circolare o se possa essere utilizzato, in presenta dei dati necessari, il sistema di determinazione del reddito imponibile illustrato nel paragrafo 1 della medesima circolare.
L’Amministrazione finanziaria, dopo una ampia ricostruzione normativa evolutiva, sottolinea come la circolare in questione illustra una “nuova” normativa fornendo indicazioni su aspetti non dettagliatamente regolati dal Legislatore.
In particolare la prima e la seconda parte della circolare sono strettamente connesse e, quindi, le indicazioni fornite nel primo paragrafo (“Tassazione di capitali percepiti in caso di morte in dipendenza di assicurazione sulla vita”) si applicano anche alle particolari fattispecie (vale a dire, i contratti assicurativi con prestazioni ricorrenti) cui è dedicata la seconda parte, posto che non è stato specificato diversamente.
A dimostrazione di tale impostazione, si richiama l’attenzione sulla circostanza che nella seconda parte della circolare, nell’illustrare il predetto esempio, è stato rimarcato che la componente finanziaria della prestazione erogata in relazione al decesso presa in considerazione, vale a dire la parte imponibile della prestazione stessa, viene determinata “in base ai criteri illustrati nel paragrafo 1”.
Detto esempio, pertanto, non è in alcun modo indirizzato a far ritenere che, per le polizze con prestazioni ricorrenti, l’attribuzione proporzionale dei premi sia il criterio che gli operatori debbano seguire anche nei casi in cui sia quantificabile, sulla base di dati certi, la ripartizione dei premi fra le due componenti della prestazione erogata in relazione al caso morte.
Conseguentemente, anche nel caso di polizze vita con prestazioni ricorrenti per le quali sia previsto un premio unico, gli operatori, qualora possiedano i dati relativi all’attribuzione dei premi a ciascuna delle due componenti della prestazione sopra illustrate, devono utilizzarli nella determinazione del reddito imponibile. La tassazione della prestazione complessivamente corrisposta all’atto del decesso dell’assicurato, in tali casi, deve avvenire sulla base dei criteri illustrati nel paragrafo 1 della circolare in esame.
Diversamente, prosegue la Risoluzione, nei casi in cui non sia possibile, sulla base di dati certi, una “ripartizione” dei premi riferibili alle due tipologie di prestazioni delle polizze sopra illustrate (copertura del rischio demografico e investimento finanziario), gli operatori, necessariamente, dovranno applicare il criterio proporzionale, secondo quanto illustrato nell’esempio di cui al paragrafo 2 della predetta circolare n. 8/E del 2016.
Naturalmente tale criterio (proporzionale) dovrà essere adottato anche per il caso di polizze vita senza prestazioni ricorrenti qualora non sia possibile, sulla base di dati certi, la menzionata ripartizione dei premi.